domenica 11 aprile 2010

LA FABBRICA DELL'ESEMPIO

LA FABBRICA DELL'ESEMPIO

di Carolus Felix

Nichi Vendola non molto tempo fa ha esordito, in una sua famosa intervista, con un principio evangelico che io credo di aver citato nelle mie note varie volte prima di lui, proprio riferendomi ad un certo modo di condurre i partiti e la politica, in particolare, parlando del PSI, dato che ho condiviso la mia esperienza politica soprattutto in quell’area negli ultimi tempi.

Il principio è il seguente “Lasciamo che i morti seppelliscano i morti”. Vendola aggiunge poi: “«Io penso invece che siano finiti i partiti. Consumati, inadeguati, fuori dalle virtù civiche. Non voglio più essere scambiato per uno degli esorcisti che tentano di far vivere chi è defunto».
E questo evidentemente non è un auspicio, ma una constatazione. Soprattutto se con essa ci si riferisce al tipo di politica che, specialmente nel PD e nel PdL, si è affermata di recente: una sorta di occupazione padronale delle istituzioni per fini spesso clientelari ed autoreferenziali di potere, che hanno messo in ombra o trascurato del tutto una sana progettualità, la ricerca di un modello nuovo di relazioni e di società, e quindi, in definitiva attuando l’affossamento della stessa nozione di futuro.
Per contrastare questa tendenza dilagante, che ha portato i giovani sempre più ad allontanarsi dalla politica, sono nate le “fabbriche di Nichi”, dei laboratori di un nuovo modello di politica basato sulla partecipazione, sulla condivisione e sulla concretizzazione rispetto a precisi obiettivi.
Quelli che le stesse fabbriche riescono a focalizzare nel territorio, trovando una conseguente strategia per intervenire e dare una concreta testimonianza di impegno a favore della società civile e dei veri bisogni della gente.
Le fabbriche di Nichi sono nate e cresciute anche come strumento efficace per raccogliere consensi e riconfermare Nichi Vendola alla presidenza della regione Puglia e, come sappiamo dai risultati, hanno conseguito pienamente il loro obiettivo.
Ora però la loro tendenza è più ambiziosa, ed è quella di ramificarsi in tutta Italia, creando le condizioni per un nuovo modo di fare la politica, più partecipativo, più condivisibile e soprattutto più concreto, che non passi cioè sempre e necessariamente dagli accordi tra i vari capi, capetti e capettini di quel neofeudalisemo della partitocrazia italiana che tanti guasti e tante corruttele ha generato negli ultimi tempi in Italia, portandoci progressivamente ad una regressione morale, sociale e civile.
Le fabbriche di Nichi non sono un modello predefinito da esportare, ma un laboratorio in fieri per “produrre” due cose essenziali: una vera democrazia e un nuovo essere umano, partendo proprio dalla definizione aristotelica di “animale politico” o meglio, in senso più precisamente etimologico: “essere vivente comunitario” “zoòn politikòn” zoòn viene da zoè che è la vita, e politikòn da pòlloi, i molti. L’essere umano è dunque colui che è destinato a vivere in relazione ai molti e, per questo, a trovare e a rinnovare continue e sempre nuove modalità di partecipazione alla vita collettiva.
Anche il Socialismo è nato con questo intento, quello cioè di elaborare e costruire un nuovo modello di società più giusta e più solidale, basato su un nuovo modello di umanità partecipativa e libera dai bisogni materiali, dal condizionamento della natura e dallo sfruttamento degli esseri umani e di quelli che, secondo le ultime tendenze del socialismo ecologico, sono necessari e consustanziali all’ecosistema di cui la specie umana, per sopravvivere, non può fare a meno.
Non vi è dunque contraddizione né antitesi tra le fabbriche di Nichi e il senso originario della democrazia e del socialismo.
Per cui, se volessimo sottrarre alle fabbriche il rischio della personalizzazione della loro definizione nominale, potremmo tranquillamente chiamarle “fabbriche di democrazia e di socialismo”.
Esserci, partecipare, è il modo migliore per rendersene conto, e chi come me ci è già stato, non può che essere stato contagiato da un diverso clima, da un entusiasmo e da uno spirito che ormai non si trova più nelle riunioni o nelle sezioni di partito.
Soprattutto ci si rende conto che la presenza dei giovani è straripante, tanto che spesso si fatica persino a trovare spazi idonei per riunirsi.
Ovviamente i partiti non si possono liquidare dall’oggi al domani, ma possono, e a mio avviso devono acquisire al più presto un metodo di confronto con queste realtà; soprattutto tutti quei partiti che, in Italia, ambiscono a concretizzare una vera alternativa “rivoluzionaria”, a cambiare cioè non soltanto una classe dirigente e una struttura di potere, ma un intero modello di società.
SEL in parte, lo sta già facendo, è necessario che anche altri partiti lo facciano rapidamente, il mio auspicio è che anche i socialisti se ne rendano pienamente conto. Parlo evidentemente dei socialisti, in senso trasversale, che ci auguriamo possano ritrovarsi tra non molto in una “lega socialista” aperta a tutti, e non solo agli iscritti ad un PSI che risulta sempre più chiuso in se stesso e sempre più intento, come si citava inizialmente, da “morto” a seppellire il suo “cadavere”.
Fabbricare democrazia e socialismo partecipando, condividendo e concretizzando i valori, insieme a tanti giovani, è infatti molto più gratificante ed entusiasmante che spossarsi in infinite riunioni in cui si cerca spasmodicamente il referente giusto che possa spostare di qualche millimetro una credibilità già di per sé millimetrica, verso la conquista o il rinnovamento di un partito che già di per sé, più che apparire in uno stato vitale, mostra inquietanti spasmi comatosi.
Rovesciare la conduzione di un partito in agonia equivale più o meno a cercare di rianimare un cadavere. Ma la resurrezione non è la rianimazione di un cadavere, bensì la potenziazione suprema di tutto il valore e la gloria di un soggetto, soprattutto grazie alla sua testimonianza.
Il socialismo può dunque risorgere solo “rifabbricandolo”, insieme alle nuove generazioni che sono il solo futuro a cui esso può rivolgersi.
Basta solo mettersi all’opera, seminare e raccogliere, ed essere consapevoli, tanto per concludere con una citazione che sia in linea con quella iniziale, che “la messe è tanta, ma gli operai sono ancora pochi”
Facciamo dunque tante “fabbriche di democrazia e di socialismo” per produrne e farne crescere tanti, tantissimi, quanti nemmeno se ne possono immaginare. E con un solo “modus operandi”: l’esempio, dato che il socialismo è proprio la “scienza dell’esempio”
E a chi dice che il nord è ancora molto lontano, risponderemo che l’esempio e la costruzione dell’esempio é la “pandemia” più rapida che possa mai espandersi, l’unica che non bisogna mai temere, ma piuttosto salutare con autentica gioia.
Passare dunque dalle “Fabbriche di Nichi” alle “Fabbriche di democrazia e di socialismo”, da un’appartenenza ad una finalità, si deve e si può anche con estrema facilità e naturalezza, perché un grande esempio, come quello che Nichi Vendola sta dando, in fondo, non ha altro scopo che quello di essere essere largamente condiviso e concretizzato.

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