sabato 24 aprile 2010

Vendola sveglia il PD: “Basta sconfittismo. Apriamo gli stati generali dell’Alternativa”

Intervista a Nichi Vendola – portavoce nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’ e presidente della Regione Puglia – che appare oggi sul quotidiano Il Manifesto (a cura di Matteo Bartocci)

«Ma cos’altro deve succedere perche’ tutti i protagonisti dell’alternativa tornino a discutere in un luogo plurale e aperto?» Osservando la devastazione di Pd e Pdl, Nichi Vendola suona la sveglia al centrosinistra: «Dobbiamo convocare al piu’ presto gli stati generali dell’alternativa. Aperti a movimenti e associazioni perche’ ormai e’ chiaro che i partiti da soli non ce la fanno».

Pensi che la rottura nel Pdl acceleri la fine della legislatura?

Fare previsioni e’ difficile. Di certo la frattura nel Pdl e’ profonda e non ricomponibile. E’ evidente che esistono due destre. C’e’ una destra «americana», liberista ma non liberale in cui Berlusconi e’ il garante del carisma populista e la Lega del radicamento territoriale. Una destra garantista con i «garantiti» e giustizialista con i «giustiziati». E c’e’ invece un’altra destra che propone un partito conservatore di tipo europeo. E’ perfino piu’ liberista dell’altra: Fini critica da destra il municipalismo della Lega, le pensioni e la privatizzazione dei servizi locali, pero’ e’liberale nel senso che almeno rispetta l’habeas corpus, vuole l’inclusione, aspira ai diritti civili e alla laicita’ della politica. Tra queste due destre si e’ aperta una partita brutale e di lungo periodo.

E il centrosinistra?

Se pensa di schierarsi esclusivamente secondo il dibattito del Pdl fa un suicidio preventivo. Le nostre identita’ non possono dipendere dal posizionamento sulla scacchiera del Pdl. Faccio una critica sommessa: ho capito lo scontro che c’e’ in quello che fino a ieri era definito il «partito di plastica», ma se dovessi dire invece qual e’stata la contesa nel Pd io non lo saprei dire.

Questi due partiti, Pd e Pdl, sono nati due anni fa con ambizioni enormi: la vocazione maggioritaria di Veltroni e il sogno di Berlusconi di rappresentare il 51% degli italiani. Progetti falliti?

Questo bipolarismo e’il prodotto del velleitarismo del Palazzo. Una camicia di forza che ha provato a imbrigliare la transizione senza indirizzarla verso una democrazia più matura. L’Italia vive da troppo tempo in uno stato di crisi permanente e di paralisi. E il deficit di «alternativita’» del centrosinistra manda in corto circuito tutto il sistema. La rimozione della sconfitta elettorale operata dal Pd e’clamorosa. Tanto clamorosa che sembra perfino che il Pd abbia introiettato la sconfitta come un destino. Ne e’un esempio la formazione delle nuove giunte regionali.

Cioe’?

Sembra che il Pd non abbia piu’ il problema di «fare politica» ma sia solo un ceto politico che si arrocca. Ma come, abbiamo discusso per un anno sulla latitudine destra-sinistra delle alleanze e oggi non se ne parla piu’?

La liquefazione dei partiti prelude al «big bang» suggestivo evocato da Bertinotti oppure e’solo normale dialettica?

Non so se prelude a niente. So che l’inadeguatezza di tutto il centrosinistra e’segnalata da due fatti clamorosi: una sconfitta cocente e la rimozione della sconfitta. Insomma, il cantiere non c’e’ proprio. Quei problemi «fondativi», di linguaggio e di vocabolario su un’idea di mondo che ho provato a segnalare da una postazione che mi e’preziosa e cara come Sinistra Ecologia Liberta’ sono rimasti una traccia. Anche giusta. Ma senza conseguenze significative. Ma perche’ il Pd raccoglie le firme per l’acqua pubblica e non aderisce al referendum? Perche’ sceglie di stare nella dimensione ideologica e un po’ comica per cui l’acqua e’ pubblica e la brocca e’ privata? Ti cadono le braccia. Come sulla laicita’. O si viene chiamati a una crociata contro la Chiesa oppure si fa finta di niente. La politica viene cancellata e diventa solo un posizionamento puramente simbolico. Che non ha mai conseguenze. Ma lo vogliamo capire che ci sono idee, temi e analisi su cui si deve o-s-a-r-e?

Che effetto ti fa essere l’unica persona di sinistra evocata alla direzione del Pdl? E non come il «comunista» Vendola ma il «governatore» Vendola.

E’ molto gratificante. Tremonti non si misura mai sulle cose reali. Il suo disco incantato e’stato respinto dai pugliesi. Proprio il manifesto ha scritto che in tutta Italia il centrosinistra perde 15 punti rispetto alle europee mentre in Puglia ne guadagna 10. La mia vittoria ha trascinato il centrosinistra.

Chissa’, magari era un riconoscimento tra due candidati premier alle prossime elezioni?

Questa e’ un’estremizzazione e una stilizzazione. Io e Tremonti litighiamo su una cosa di cui non si occupa nessuno e cioe’ il gigantesco trasferimento di risorse dal Sud al Nord. L’egemonia leghista ormai e’ tanto diffusa che la vulgata secondo cui il Sud vive alle spalle del Nord non viene piu’ falsificata nella contesa politica. Neanche quando si basa su dati fasulli. Lo ha ricordato anche Fini: le multe delle quote latte sono state pagate con i soldi del Sud.

Forse Fini lo poteva dire prima. Per te stavolta e’ un problema doppio: sei l’unico governatore del Sud e di sinistra che dovra’ misurarsi con il federalismo.

Mi divertira’ molto vedere i presidenti di Campania e Calabria accorgersi – come ha fatto il presidente della Sicilia Lombardo – del sequestro quotidiano di risorse del Sud operato da questo governo. Si accorgeranno presto che tutti gli ammortizzatori sociali d’Italia e il terremoto in Abruzzo sono stati finanziati con i fondi per il Mezzogiorno.

Secondo Tremonti le «fabbriche di Nichi» sono i tuoi centri sociali…

Tremonti proprio non capisce. Forse perché la cifra dei partiti è la competizione. Nelle «fabbriche» invece si sperimenta la cooperazione e un nuovo civismo: li’ il tema e’ «che cosa facciamo insieme». Erano 150 dopo le elezioni, oggi sono 230. Sono un punto di contatto tra la Piazza e la Rete che merita un interesse approfondito, se non di Tremonti almeno della sinistra.

C’è però qualche ambiguità sul loro rapporto con Sel…

Per cortesia, le «fabbriche» sono autonome dai partiti e anche da Sel. Ma e’ una sciocchezza pensare che io voglia liberarmi di Sel per fare il «partito delle fabbriche». Le fabbriche sono una lievitazione di cose nuove. Sel e’ una formazione che vuole essere la coscienza critica del centrosinistra. Dobbiamo renderla piu’ solida e piu’ organizzata con il congresso di ottobre per rendere piu’ autorevole il nostro discorso sull’alternativa al berlusconismo.

La giunta in Puglia e’ una sfida su cui sarai subito giudicato.

Spero di presentarla martedi’. Il punto per me piu’ significativo e’ la parità di genere: 7 assessori uomini, 7 donne. In Puglia le elette sono solo 3. Di sicuro continueremo sulla strada del «riformismo radicale»: difesa dei diritti e dei beni comuni e lotta contro la poverta’ come strumento di riforma sociale.

E intanto dovrai governare con il consiglio regionale con piu’ imprenditori d’Italia. Come pensi di riuscirci?

La prima cosa che faremo sara’ una legge sul conflitto di interessi. E poi ho accolto la proposta dei radicali dell’anagrafe degli eletti, cioe’ l’elenco pubblico di redditi e proprieta’ di ciascun eletto e di ciascun nominato.

Eccoci. Ci siamo, ci tesseriamo.

Eccoci. Ci siamo, ci tesseriamo.

Parte il tesseramento 2010, per intenderci quello che concorrerà alla costruzione materiale del partito e che, per via formale, determinerà le platee del 1° Congresso di SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’.

Lo svolgeremo nell’autunno 2010. Così abbiamo deciso nella riunione del 1° Comitato Nazionale riunito a Roma il 17 aprile scorso. Ma vorremmo soprattutto dire quello che determinerà definitivamente, anche se in questo caso principalmente per via formale, l’esistenza del nostro partito (non partiamo da zero, le adesioni del 2009 sono state, per approssimazione circa 30.000).

I territori, che spingono da tempo in questo senso, potranno così avere una ulteriore piccola certezza di essere parte di un collettivo tangibile e non meteore vaganti, per costruire tutti assieme il contenitore migliore possibile delle nostre tante e belle idee, che abbiamo visto nascere per vie inaspettate dentro un universo politico della sinistra annichilita che sembra aver introiettato definitivamente la propria crisi di pensiero lungo.

Avevamo pensato di poter arrivare prima (entro l’estate, avevamo detto all’Assemblea di Roma del dicembre scorso). Un po’ di ottimismo della volontà ci spinge ogni tanto a correre più di quanto siamo in grado di fare, ma soprattutto il calendario delle Elezioni Amministrative del 2010 ha scombinato i nostri programmi. Come certamente sapete, alla fine di maggio saranno chiamate al voto buona parte degli elettori e delle elettrici delle regioni a Statuto speciale (Aosta e buona parte dei comuni della Valle d’Aosta, molti anche delle province di Trento e Bolzano, diversi comuni della Sicilia e tutte le 8 province della Sardegna, quindi gli elettori e le elettrici di tutta la regione). Perciò abbiamo pensato di prenderci il tempo necessario per mettere anche queste regioni nella possibilità di svolgere i propri congressi con i tempi dovuti. La debolezza della struttura organizzativa centrale, inoltre, ha dovuto arrendersi a tempi più lunghi del previsto.

Il percorso che stiamo intraprendendo è però quello scelto da tutti e tutte e dobbiamo cercare di evidenziarne le potenzialità, il lavoro positivo fatto attraverso uno sforzo vero di “rimescolamento” delle forme tradizionali che i partiti della sinistra hanno fin ora praticato, laddove questo è accaduto. Non dobbiamo però sottacere i “vizi” che, per molteplici ragioni, non siamo riusciti ancora a indebolire, a superare, a vincere.

Nessuno ha manuali a disposizione (chi sarebbe stato capace di scriverne?). SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ ha scelto autonomamente, nei suoi appuntamenti principali, l’indagine sulla società, la ricerca di idee critiche che appartengano alla contemporaneità, la sperimentazione di modi, forme e luoghi che ci possono suggerire prevalentemente quanti e quante non sono transitati nella sfera delle politica, segnata profondamente dalla sua crisi, ma che hanno la curiosità e l’interesse a ri-sintonizzarsi con essa attraverso la partecipazione attiva alle sue decisioni. Per dirla con la bella metafora vendoliana, abbiamo scelto la semina, dandoci il tempo per vedere crescere qua e là qualche germoglio che ci possa indicare che il raccolto si farà. Tutto questo nella teoria. Ma teoria e prassi devono ancora fondersi in un’aspirazione comune. Non siamo al giudizio positivo, anche in buona fede non lo dobbiamo fare. Se guardassimo i nostri germogli con una lente pulita e non deformante della realtà ne vedremmo tutti i nostri limiti . In assenza ancora di una forma organizzata del soggetto che stiamo costruendo, abbiamo replicato, spesso, le medesime modalità che abbiamo conosciuto nel passato, senza ricordare che anch’esse, in parte, sono state determinanti della sconfitta.

Di cosa ci parla l’enorme percentuale di astensionismo alle recenti elezioni regionali, se non di una distanza siderale tra organizzazione della politica e società, bisogni e domande che non interagiscono più da tanto tempo con risposte credibili? Abbiamo sprecato anche noi molte energie. La campagna elettorale delle regionali ha parlato di un “noi” collettivo o di tanti “io” personali? I gruppi dirigenti (a diffusione generale, centro e territori, nessuno escluso) hanno tenuto conto, nella loro formazione, seppure transitoria e provvisoria verso il congresso, delle motivazioni che avevano alimentato la ripresa del nostro nuovo cammino politico? Siamo stati capaci di attingere alla migliore esperienza delle donne, dei ragazzi e delle ragazze che hanno così tanto condiviso il nostro progetto, ne sono anzi stati i maggiori soggetti fondativi?

Sono domande molto parziali che, ovviamente, non avranno risposte univoche, domande che non esauriscono il nostro impegno perché possono ancora trovare risposte nei tanti passi che dobbiamo fare.

Oggi proviamo, voglio sottolineare - PROVIAMO – a fare uno dei passi nella direzione migliore che possiamo tutti assieme trovare. Un passo deciso senza tremolii di gambe. E partiamo dalla rottura di uno degli schemi più tradizionali: il tesseramento. Scegliamo di spezzare la sacralità fuori tempo dell’adesione al partito – come l’abbiamo conosciuta nelle esperienze individuali precedenti – come “proprietà” delle tessere, il “possesso” di tesserati per costruirsi un pezzo di piccolo potere personale come solo si trattasse di numeri. Da noi i “signori delle tessere” di memoria novecentesca non devono avere cittadinanza. L’iscrizione a SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ da iscrizione al partito diventa iscrizione al progetto che ne è parte fondativa. Spalanchiamo quindi con coraggio, noi che già condividiamo ill progetto di SEL da tempo, le nostre porte ai tanti e tante che fino ad ora ci hanno solo guardati, forse anche con simpatia, forse anche votandoci, ma da fuori. Permettiamo a tutti e tutte di fare parte consapevolmente del progetto della buona politica della sinistra che ha bisogni di tanti apporti diversi:

L’iscrizione a SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ sarà INDIVIDUALE e CENTRALE.

Individuale perché diventa azione di singoli e di singole in grande autonomia dalle organizzazioni di cui farà parte.

Centrale perché l’iscrizione non sarà a questa o a quell’organizzazione di territorio ma al progetto politico di SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ nella sua interezza.

Il tesseramento non più solo una scelta di “militanza” tradizionale ma più capillare nella sua diffusione e come impegno soggettivo sul futuro della sinistra che proviamo a costruire. Tante le motivazioni che possono avere risposte: la dichiarazione di sintonia con le idee che il partito propone, il sostegno economico al soggetto politico che si sceglie, la voglia di “fare parte” di un collettivo, anche solo l’avere in tasca un bel logo (l’accento) su un cartoncino con il simbolo e, ovviamente, la voglia di partecipazione, di una militanza rinnovata e più consapevole.

La scelta della modalità ON-LINE.

Il web ha contraddistinto buona parte del nostro percorso. Guardiamo ad una generazione web, che non è banalmente ed esclusivamente il popolo dei giovani. E’ il nostro popolo. E il web è il luogo dei luoghi, quello che accorcia distanze, avvicina le persone, rompe i confini geografici e allarga il nostro orizzonte di incontri. Ci permette, e ci ha permesso, di fare arrivare la nostra comunicazione senza enormi sforzi economici , moltiplicando il nostro messaggio di computer in computer, di fare arrivare le nostre immagini, le nostre parole scritte, i nostri video, foto, iniziative dove mai avremmo potuto. Nichi Vendola che parla con le video-lettere diventa il “caso comunicativo” ripreso dalla carta stampata e moltiplica esponenzialmente la platea a cui si rivolge. La creatività delle esperienze dei più giovani, nelle Fabbriche di Nichi ma non solo, ha interagito con lo strumento web e ha potuto tramutarsi in azione politica concreta. Così è stata analizzata la nostra campagna elettorale, dai media nazionali ma addirittura internazionali. E’ tempo di farne tesoro. Di superare i nostri limiti (è vero, parzialmente di generazione). E’ anche l’ora di scegliere quali sono i nostri interlocutori primari. A chi vogliamo parlare innanzitutto. Come decidiamo di farlo immediatamente dopo.

Così ci iscriviamo a SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ dal suo sito. Con una procedura facilitata, accompagnata da spiegazioni semplici e intellegibili. E lo possiamo fare liberamente, individualmente, sapendo che poi potremo essere accompagnati, se lo decideremo, dentro i percorsi del partito. Con una sola primaria responsabilità. Partecipare. E che la nostra partecipazione sia una scelta libera e democratica, che ognuno e ognuna possa decidere se farlo concorrendo alla responsabilità di incarichi nell’organizzazione o meno, scegliere se frequentare la comunità o contribuire con le proprie idee e proposte. Con pari dignità e con il riconoscimento delle proprie originalità.

Il tesseramento on-line consentirà alla nostra organizzazione di avere l’aggiornamento in tempo reale di iscritti e iscritte. Ogni referente del tesseramento avrà un accesso alla banca dati del proprio territorio. Potremo fare partecipare tutti e tutte a sondaggi on-line, con modalità di sicurezza che ci permetteranno votazioni on-line su temi consultivi e decisionali di carattere generale.

E’ tempo del raccolto in questo piccolo orto della costruzione del partito che verrà. Sforzandoci di liberarci con coraggio da subalternità formali conservazioniste e scrollandoci di dosso ogni sterile preconcetto.

Se sarà un raccolto di buona qualità vorrà dire che abbiamo avuto cura dei valori sui quali ci siamo fondati, quelli di una sinistra che è stata portatrice e incubatrice di valori di uguaglianza e libertà che vuole riconsegnare al futuro della politica.

Mettiamoci in tasca l’accento rosso che abbiamo stampato sulla tessera 2010 per METTERE L’ACCENTO SULLA BUONA POLITICA facciamo Resistenza: a partire dal 25 aprile con l’iscrizione a SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’

On-line da domenica 25 aprile mattina www.sinistraecologialiberta.it

- tesseramento@sxmail.it

Buon 25 aprile di Resistenza a tutt@

Beatrice Giavazzi, resp. naz. Tesseramento

mercoledì 21 aprile 2010

LAVORO AMBIENTE DIRITTI

LAVORO AMBIENTE DIRITTI
QUALI POLITICHE PER UN NUOVO CENTRO SINISTRA



VENERDI’ 23 APRILE ORE 21,00 SALA NERPITI Presso PALAZZO SANGALLO TOLENTINO "LAVORO AMBIENTE DIRITTI" QUALI POLITICHE PER UN NUOVO CENTRO SINISTRA

interviene

MASSIMO BINCI

CONSIGLIERE REGIONALE

SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’





organizzano


Gruppo Consiliare - Regione Marche

Sinistra Ecologia LIBERTA


Circolo Sinistra Ecologia LIBERTA - TOLENTINO


domenica 11 aprile 2010

LA FABBRICA DELL'ESEMPIO

LA FABBRICA DELL'ESEMPIO

di Carolus Felix

Nichi Vendola non molto tempo fa ha esordito, in una sua famosa intervista, con un principio evangelico che io credo di aver citato nelle mie note varie volte prima di lui, proprio riferendomi ad un certo modo di condurre i partiti e la politica, in particolare, parlando del PSI, dato che ho condiviso la mia esperienza politica soprattutto in quell’area negli ultimi tempi.

Il principio è il seguente “Lasciamo che i morti seppelliscano i morti”. Vendola aggiunge poi: “«Io penso invece che siano finiti i partiti. Consumati, inadeguati, fuori dalle virtù civiche. Non voglio più essere scambiato per uno degli esorcisti che tentano di far vivere chi è defunto».
E questo evidentemente non è un auspicio, ma una constatazione. Soprattutto se con essa ci si riferisce al tipo di politica che, specialmente nel PD e nel PdL, si è affermata di recente: una sorta di occupazione padronale delle istituzioni per fini spesso clientelari ed autoreferenziali di potere, che hanno messo in ombra o trascurato del tutto una sana progettualità, la ricerca di un modello nuovo di relazioni e di società, e quindi, in definitiva attuando l’affossamento della stessa nozione di futuro.
Per contrastare questa tendenza dilagante, che ha portato i giovani sempre più ad allontanarsi dalla politica, sono nate le “fabbriche di Nichi”, dei laboratori di un nuovo modello di politica basato sulla partecipazione, sulla condivisione e sulla concretizzazione rispetto a precisi obiettivi.
Quelli che le stesse fabbriche riescono a focalizzare nel territorio, trovando una conseguente strategia per intervenire e dare una concreta testimonianza di impegno a favore della società civile e dei veri bisogni della gente.
Le fabbriche di Nichi sono nate e cresciute anche come strumento efficace per raccogliere consensi e riconfermare Nichi Vendola alla presidenza della regione Puglia e, come sappiamo dai risultati, hanno conseguito pienamente il loro obiettivo.
Ora però la loro tendenza è più ambiziosa, ed è quella di ramificarsi in tutta Italia, creando le condizioni per un nuovo modo di fare la politica, più partecipativo, più condivisibile e soprattutto più concreto, che non passi cioè sempre e necessariamente dagli accordi tra i vari capi, capetti e capettini di quel neofeudalisemo della partitocrazia italiana che tanti guasti e tante corruttele ha generato negli ultimi tempi in Italia, portandoci progressivamente ad una regressione morale, sociale e civile.
Le fabbriche di Nichi non sono un modello predefinito da esportare, ma un laboratorio in fieri per “produrre” due cose essenziali: una vera democrazia e un nuovo essere umano, partendo proprio dalla definizione aristotelica di “animale politico” o meglio, in senso più precisamente etimologico: “essere vivente comunitario” “zoòn politikòn” zoòn viene da zoè che è la vita, e politikòn da pòlloi, i molti. L’essere umano è dunque colui che è destinato a vivere in relazione ai molti e, per questo, a trovare e a rinnovare continue e sempre nuove modalità di partecipazione alla vita collettiva.
Anche il Socialismo è nato con questo intento, quello cioè di elaborare e costruire un nuovo modello di società più giusta e più solidale, basato su un nuovo modello di umanità partecipativa e libera dai bisogni materiali, dal condizionamento della natura e dallo sfruttamento degli esseri umani e di quelli che, secondo le ultime tendenze del socialismo ecologico, sono necessari e consustanziali all’ecosistema di cui la specie umana, per sopravvivere, non può fare a meno.
Non vi è dunque contraddizione né antitesi tra le fabbriche di Nichi e il senso originario della democrazia e del socialismo.
Per cui, se volessimo sottrarre alle fabbriche il rischio della personalizzazione della loro definizione nominale, potremmo tranquillamente chiamarle “fabbriche di democrazia e di socialismo”.
Esserci, partecipare, è il modo migliore per rendersene conto, e chi come me ci è già stato, non può che essere stato contagiato da un diverso clima, da un entusiasmo e da uno spirito che ormai non si trova più nelle riunioni o nelle sezioni di partito.
Soprattutto ci si rende conto che la presenza dei giovani è straripante, tanto che spesso si fatica persino a trovare spazi idonei per riunirsi.
Ovviamente i partiti non si possono liquidare dall’oggi al domani, ma possono, e a mio avviso devono acquisire al più presto un metodo di confronto con queste realtà; soprattutto tutti quei partiti che, in Italia, ambiscono a concretizzare una vera alternativa “rivoluzionaria”, a cambiare cioè non soltanto una classe dirigente e una struttura di potere, ma un intero modello di società.
SEL in parte, lo sta già facendo, è necessario che anche altri partiti lo facciano rapidamente, il mio auspicio è che anche i socialisti se ne rendano pienamente conto. Parlo evidentemente dei socialisti, in senso trasversale, che ci auguriamo possano ritrovarsi tra non molto in una “lega socialista” aperta a tutti, e non solo agli iscritti ad un PSI che risulta sempre più chiuso in se stesso e sempre più intento, come si citava inizialmente, da “morto” a seppellire il suo “cadavere”.
Fabbricare democrazia e socialismo partecipando, condividendo e concretizzando i valori, insieme a tanti giovani, è infatti molto più gratificante ed entusiasmante che spossarsi in infinite riunioni in cui si cerca spasmodicamente il referente giusto che possa spostare di qualche millimetro una credibilità già di per sé millimetrica, verso la conquista o il rinnovamento di un partito che già di per sé, più che apparire in uno stato vitale, mostra inquietanti spasmi comatosi.
Rovesciare la conduzione di un partito in agonia equivale più o meno a cercare di rianimare un cadavere. Ma la resurrezione non è la rianimazione di un cadavere, bensì la potenziazione suprema di tutto il valore e la gloria di un soggetto, soprattutto grazie alla sua testimonianza.
Il socialismo può dunque risorgere solo “rifabbricandolo”, insieme alle nuove generazioni che sono il solo futuro a cui esso può rivolgersi.
Basta solo mettersi all’opera, seminare e raccogliere, ed essere consapevoli, tanto per concludere con una citazione che sia in linea con quella iniziale, che “la messe è tanta, ma gli operai sono ancora pochi”
Facciamo dunque tante “fabbriche di democrazia e di socialismo” per produrne e farne crescere tanti, tantissimi, quanti nemmeno se ne possono immaginare. E con un solo “modus operandi”: l’esempio, dato che il socialismo è proprio la “scienza dell’esempio”
E a chi dice che il nord è ancora molto lontano, risponderemo che l’esempio e la costruzione dell’esempio é la “pandemia” più rapida che possa mai espandersi, l’unica che non bisogna mai temere, ma piuttosto salutare con autentica gioia.
Passare dunque dalle “Fabbriche di Nichi” alle “Fabbriche di democrazia e di socialismo”, da un’appartenenza ad una finalità, si deve e si può anche con estrema facilità e naturalezza, perché un grande esempio, come quello che Nichi Vendola sta dando, in fondo, non ha altro scopo che quello di essere essere largamente condiviso e concretizzato.

venerdì 9 aprile 2010

IL SONDAGGIO: «Vendola tra i possibili sfidanti di Berlusconi»

IL SONDAGGIO:
«Vendola tra i possibili sfidanti di Berlusconi»

ROMA – Luca Cordero di Montezemolo è il possibile «sfidante» di Berlusconi più gettonato, ma per un italiano su tre non c'è ancora chi possa battere l’attuale premier.

E' il risultato del sondaggio della Swg commissionato da l'Espresso che chiede agli italiani chi possa essere, appunto, lo sfidante di centrosinistra del premier per le prossime politiche.


Il sondaggio sull'intero campione, senza cioè distinzioni politiche, vede Montezemolo in testa con il 18%. Dietro di lui il segretario del Pd Pier Luigi Bersani (11%), il governatore della Puglia Nichi Vendola (10%), il governatore di Bankitalia Mario Draghi (9%), la «rivelazione» delle regionali Beppe Grillo (8%), l’autore di 'Gomorrà Roberto Saviano (6%) e la presidente del Pd Rosy Bindi (5%). A impressionare è però il numero degli intervistati che sceglie l’opzione «nessuno di questi»: il 33 per cento.


Peraltro, Montezemolo non è il preferito degli elettori di centrosinistra: a fronte del suo 14% (che lo colloca ex aequo con Draghi), meglio fanno Bersani (primo con il 20%) e Nichi Vendola (secondo col 16%).


Montezemolo è il 'top', invece, per gli elettori di centro che lo premiano con un sonoro 30%. Dietro ci sono Draghi (14%) e Bersani (12%).


A premiare le chance di Montezemolo sono però anche gli elettori di centrodestra (17%). Ma a farla assolutamente da padrone, in questo caso, è la convinzione di questa fascia di elettorato che nessuno dei candidati possa battere Berlusconi, che si schierano in questo senso con un maggioritario 58%.


La rilevazione è stata effettuata per l’Espresso dalla Swg Srl Trieste nei giorni 1-5 aprile 2010 con un sondaggio telefonico Cati e online Cawi su un campiona nazionale stratificato per quote di 2.500 soggetti maggiorenni.


Adesso c'è il sondaggio online: http://espresso.repubblica.it/polls.jsp?idpoll=2124611
Diamo il primo segnale agli Italiani, Votiamo Nichi Vendola !!!

giovedì 8 aprile 2010

Sinistra.....Lìberati di Repubblica !

Sinistra.....Lìberati di Repubblica !

di Piero Sansonetti


Questo articolo è pubblicato integralmente sul settimanale “Gli Altri” che trovate in edicola per tutta questa settimana. Sul settimanale troverete anche altri commenti elettorali di Fausto Bertinotti, Rina Gagliardi, Antonio Di Pietro, Flavia Perina, Gennaro Migliore, Ritanna Armeni, Andrea Colombo, e moltissimi altri articoli sulla politica, il costume, la cultura

Il Pd, indiscutibilmente, ha perso le elezioni. A parte le regioni rosse, ha vinto solo in Liguria. Per il resto una disfatta. E gli unici candidati di sinistra che hanno retto in “terra nemica” sono stati Nichi Vendola e Emma Bonino, cioè due “esterni”. Ora per il Pd si pone il problema: da dove ricominciare? Bisogna fare un processo al gruppo dirigente?

In realtà il gruppo dirigente del Pd, in questi ultimi anni, è stato un gruppo dirigente “fuori” dal Pd. Da quando il partito è stato fondato – e modellato sulla personalità di Walter Veltroni – il vero centro di elaborazione politica e di decisione è stato trasferito all’”estero”: precisamente nella sede del gruppo editoriale Repubblica. Il Pd, dalla nascita, ha rinunciato alla sua autonomia politica. Il peso che Carlo De Benedetti, Ezio Mauro, Eugenio Scalfari – e il gruppo politico-intellettuale-finanziario che si raduna intorno a loro – hanno avuto sulle scelte, la linea, la collocazione politica del Pd, è stato soverchiante. Neanche il risultato delle primarie, ad ottobre, e la vittoria di Bersani (che era stato osteggiato dal gruppo Repubblica, schierato con Franceschini ) ha modificato le cose. Bersani, con timidezza, ha tentato di elaborare una linea politica autonoma, ma finora ha subito troppo i condizionamenti esterni, non è riuscito nel suo intento.

In che cosa consiste questo gruppo-Repubblica? Nell’alleanza tra un pezzo della borghesia italiana (i settori più conservatori, più tradizionali) e circoli intellettuali ultralegalitari e populisti (che in queste elezioni si sono espressi attraverso il grillismo). Naturalmente quest’asse politico culturale (potremmo definirla l’asse Montezemolo-D’Avanzo) esprime inevitabilmente una linea politica molto chiara. Nel campo dei diritti e delle libertà è una linea sostanzialmente giustizialista. Che adopera il legalitarismo innanzitutto come arma politica quasi esclusiva nella lotta contro Berlusconi, ma spesso lo estende a settori più vasti della società (qualche anno fa Repubblica guidò la campagna xenofoba, anti-rom, che spinse il governo Prodi su posizioni molto discutibili e avviò il suo declino). Nel campo delle politiche economiche la linea è quella tradizionale di Confindustria (Repubblica è stata protagonista di varie battaglie per il taglio delle pensioni, e ancora recentemente non si è certo stracciata le vesti né per la cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori né per la privatizzazione dell’acqua).

Questo impasto tra giustizialismo e confindustrialismo è la miscela politica che ha condizionato pesantemente il partito democratico, spostandolo seccamente a destra. Impedendogli di elaborare una linea politica autonoma, di sinistra, capace di indicare un percorso per aumentare il grado di libertà nella nostra società, e di spingere per riforme sociali a favore (e non a svantaggio) dei ceti più deboli e dei lavoratori.

Sulla base della linea-Repubblica il Pd ha collezionato un numero impressionante di sconfitte. Quella alle politiche del 2008 (dopo l’esclusione e la distruzione della sinistra radicale e delle istanze politico-economiche della quale era portatrice), poi quelle alle elezioni sarde, poi le europee e infine questa tornata regionale.

Mancano, salvo colpi di scena, tre anni alle prossime elezioni politiche. Un tempo ragguardevole. Anzi, nella politica di oggi, un tempo infinito. Esiste la possibilità di costruire in questo tempo una alternativa al centro-destra. A condizione che questa alternativa sia costruita sulla roccia, e non sulle sabbie degli scandali, o delle speranze nel protagonismo della magistratura, o delle intercettazioni e cose di questo genere. Chi – come ad esempio questo piccolissimo giornale – ha tentato nei mesi scorsi di dire queste cose – e ha spiegato che non è sugli scandali sessuali che si costruisce una proposta politica nuova, né barattando i principi essenziali della libertà con qualche avviso di garanzia – è stato trattato come un agente del nemico. Ora i risultati elettorali fanno un po’ giustizia. Il “grillismo” ci ha portato solo a regalare il Piemonte alla Lega. Gli scandalismi sessuali hanno rafforzato Berlusconi. La magistratura (per esempio con la ridicola inchiesta di Trani) lo ha rilanciato quando era in difficoltà. L’unica realtà concreta e vincente della sinistra è Nichi Vendola (e fa piacere che il Fatto Quotidiano abbia subito rivendicato la vittoria di Nichi, smentendo la sua componente “floresdarcaista” – dal nome di Paolo Flores D’Arcais – che in agosto aveva sputato fuoco e fiamme contro il governatore della Puglia). Da qui si riparte. Come?

Tocca al Pd la prima mossa. Visto che il Pd resta la realtà più grande, quella decisiva per la costruzione di una nuova sinistra. Cosa può fare? Deve mettersi in discussione. Deve rompere con Repubblica (che finora, coi suoi abbracci, ha rovinato, nell’ordine, De Martino, Craxi, De Mita, Occhetto, Rutelli, Prodi, e Veltroni). Deve accettare che si apra una fase del tutto nuova per la sinistra italiana, e che questa fase si svolga attraverso una discussione sui programmi e sui principi. Convocare una assemblea costituente della sinistra sarebbe un’ottima idea. Che tenga dentro tutti i partiti, grandi e piccoli, e cioè non solo il Pd ma l’Italia dei valori, i vendoliani, quel poco che resta della sinistra radicale, e chiunque altro sia interessato a costruire l’alternativa al centrodestra. Questa assemblea costituente deve scegliere un leader che l’accompagni fino al 2013 (potrebbe benissimo essere lo stesso Bersani, per ora, poi si vedrà, con le primarie, chi dovrà essere il candidato premier) e fissare le linee politiche essenziali, lasciando naturalmente spazio al pluralismo, alle correnti, ai leader.

Vi sembra una idea tanto balzana? A me sembra puro buonsenso. Naturalmente se si vuole realizzarla, e cioè se si decide di riconquistare l’autonomia politica della sinistra, si deve sapere che bisognerà fare i conti con forze potenti, che cercheranno di ostacolare questo percorso, di impedirlo. Confindustria e Repubblica non si arrenderanno tanto facilmente. E hanno mezzi robusti, specialmente di stampa, da utilizzare nelle loro battaglie. Occorre molta determinazione per vincere questa battaglia. E anche grande lealtà e unità di intenti tra i vari leader. L’obiettivo è altissimo: ridare alla politica i suoi diritti, la sua dignità. E per arrivare a una nuova alleanza tra popolo e politica questo passo è indispensabile.

domenica 4 aprile 2010

La Resistenza non si cancella

La Resistenza non si cancella !

di Alba Sasso

Lentamente, la Resistenza va scomparendo. Un’azione di demolizione metodica, inesorabile, che negli ultimi anni ha raggiunto livelli mai immaginati prima, sta recidendo le radici che legano la nostra storia all’oggi e al domani, un progetto portato avanti nel tempo, che oggi mette sotto gli occhi di tutti i suoi risultati.

Perché la proposta della Gelmini tendente ad eliminare anche il nome della Resistenza – resta solo un più generico “percorso verso l’Italia repubblicana”- dai libri di testo è più che una provocazione, o una boutade. È il perfezionamento di un progetto di egemonia culturale portato avanti da un berlusconismo che, ben lungi dall’essere quella macchietta che troppo spesso abbiamo dipinto, si è rivelato una vera costruzione ideologica, portatrice di valori diversi ed alternativi rispetto a quelli in cui è cresciuta la Repubblica nel dopoguerra.

La pochezza di personaggi come l’attuale ministro non deve trarci in inganno. La cancellazione della Resistenza è stata portata avanti nei fatti, prima ancora che nei libri di testo. L’assenza sistematica del premier da tutte le cerimonie non solo del 25 aprile, ma da qualunque cosa sapesse di Resistenza, è stata una goccia che ha scavato un solco, che rischia di diventare una voragine, distruggendo la memoria storica di un paese, la sua identità. Troppo spesso il berlusconismo è stato scambiato per folklore. Ne abbiamo sottovalutato le conseguenze. Oggi la Gelmini può permettersi gesti di questo tipo senza che vi sia ancora una reazione forte e generalizzata di protesta.

Non si tratta di difendere le cerimonie rituali e spesso stanche, che pure sono un mezzo per la conservazione della memoria. Si tratta di lanciare una grande campagna culturale nel paese, riprendendo il tema della Resistenza come identità di una nazione. Oggi paghiamo le concessioni ideologiche, prima ancora che culturali, ad un indistinto buonismo che accomunava i morti di tutte le parti, i “ragazzi di Salò” ai partigiani. Un equivoco storico alimentato anche a sinistra, pensiamo ai recenti film di smaccato revisionismo, senza giustificazioni che non fossero un basso politicismo, che in nome di tattiche di corto respiro sacrificava principi ed ideali. Rilanciare i valori della Resistenza vuol dire oggi riprendere una lunga marcia nel cuore delle giovani generazioni, in primo luogo per far conoscere loro quelle radici.

È questo il primo dato drammatico: i ragazzi, oggi, nella loro grande maggioranza, rischiano di vivere sempre più in un presente vuoto di storia e di futuro.

E la diffusione dei disvalori berlusconiani ha seminato il diserbante delle ideologie, sollecitato il rifugio negli egoismi rassicuranti delle identità minime, il locale e le appartenenze di gruppo.

La battaglia cui dobbiamo impegnarci non è solo quella dei libri di testo, da cui la Resistenza non può e non deve essere espulsa, come in una sorta di “damnatio memoriae”. È una battaglia culturale che non si può esaurire nel breve periodo. C’è bisogno di far vivere i valori di quella stagione, in un paese che non cessa di mandare segnali in questo senso. La voglia di pulizia e di cambiamento, la sete di moralità e di giustizia, sempre liquidate con la sprezzante definizione di giustizialismo, sono la testimonianza che quei valori esistono ancora, quelle radici non sono state recise.

Dovremo innaffiarle e curarle con l’amore per la storia, per la cultura, per il bello. Con il rilancio della Resistenza come epopea di un popolo alla ricerca di libertà e giustizia, riproponendo perfino i modelli di vita di quella generazione, i padri della patria con la loro sobrietà del vivere la politica, con lo spirito di servizio che caratterizzava il loro impegno, con l’inflessibilità sui grandi principi. La grandezza della Resistenza non può essere messa in discussione dalla pochezza di questi figuri. Ma a noi tocca l’impegno di impedire che ci provino comunque.

giovedì 1 aprile 2010

ART.18, Napolitano non firma. Nichi: difesi i diritti dei lavoratori.

ART.18, Napolitano non firma.
Nichi: difesi i diritti dei lavoratori.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, spiega una nota del Quirinale, non ha firmato a causa della «estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale». «Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge nella nota del Quirinale – ha chiesto alle Camere, a norma dell’art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: »Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonchè misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro ».

Il Capo dello Stato – prosegue la nota – è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinchè gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale.

«Dobbiamo essere grati al Presidente della Repubblica, che con la decisione di oggi difende la Carta costituzionale, e con essa i diritti dei lavoratori». Lo afferma Nichi Vendola, portavoce nazionale di Sinistra Ecologia Liberta’. Dal Quirinale - prosegue il leader di Sel – sono giunte parole pacate ma ferme che non potranno non essere considerate in Parlamento sia da parte della maggioranza che dall’attuale opposizione. Il centrodestra berlusconiano in questi anni ha separato le due questioni centrali della nostra societa’: liberta’ e lavoro . Per questo hanno attaccato tutte le garanzie dei contratti di lavoro ed esposto il “manifesto delle diseguaglianze” con l’attacco all’articolo 18. Per questo - conclude Vendola – il centrosinistra, la sinistra devono riprendere nella societa’ una battaglia politica e sociale per i diritti dei lavoratori e per l’uguaglianza.

Vendola al Pd: «Berlusconi non andrà via da solo. Azzeriamo tutto per ripartire»

Vendola al Pd: Berlusconi non andrà via da solo.
Azzeriamo tutto per ripartire !!!

Da ragazzo vendeva i libri, poi cominciò a correggere bozze, a ragionare sulle parole, cercarne di migliori. Si è sentito ricco quando ha potuto comprarsi le opere complete di Pavese, «mi affascinò la sua scrittura meno legata ai codici dell’eloquenza e più allacciata al ritmo della vita». Il centrosinistra riparte da qui, da Terlizzi, dalla Puglia, dal linguaggio diverso di questo uomo del sud, Nichi Vendola. «Adesso servono occhi per vedere, e voglia di capire questo Paese. Dobbiamo ritornare a pensare. Cominciando dalla domanda più scontata ed elusa di questi anni: cosa sta succedendo all’Italia? E la risposta deve partire da una consapevolezza: Berlusconi non è una anomalia di questo Paese, ma la sua autobiografia».

Vendola sta andando a Roma, per impegni «personali». Ma è un viaggio simbolico, atteso. Incontra cittadini che gli propongono – subito – un nuovo, messianico, obiettivo. «Devi guidare il centro sinistra». Al solito, si appassiona alle sue parole, e s’attarda con qualunque giornalista o passante voglia discutere di qualsiasi cosa. Il pollice della mano destra è fasciato da un anello d’oro, dono di un pescatore di Mola di Bari, «era il ricordo di maggior valore che serbava della madre. È il mio anello di fidanzamento con la Puglia». Ha questi cedimenti ortodossi. Stretto nella mano ha l’ultimo, bellissimo, struggente libro di Erri De Luca, Il peso della farfalla. Con lo scrittore campano condivide il legame ombelicale, eterno con la madre, che pervade le pagine di De Luca e che accompagna la biografia del governatore: l’anziana signora Vendola anche ieri mattina mostrava euforica dal suo modernissimo computer l’inaugurazione a Berlino della Fabbrica di Nichi, questi nuovi spazi e modi di aggregare i sostenitori.

Come vent’anni fa la Lega cambiò il linguaggio della politica, parlando alla pancia della gente di destra, conservatrice, del nord, Vendola cerca parole nuove, e con quelle trova il cuore della gente del sud. Vuole e deve portare questo linguaggio fuori dalla Puglia, misurarlo con un elettorato più vasto, deluso, risalendo la Penisola: «Ma se cominciamo a parlare di chi deve fare il leader, allora continuiamo a perdere».

E per vincere, come deve parlare il centrosinistra?

«Non è un problema di stile della comunicazione. È il contenuto del messaggio che va cambiato: cambiandolo, si troveranno parole appropriate, e per forza nuove. Il centrosinistra non è un messaggio forte, riuscito. È frammentario, allusivo: allude ai problemi, in campagna elettorale, ma prima e dopo il voto non li affronta, né quando governa e né quando potrebbe organizzare l’alternativa. E queste allusioni si trasformano implicitamente in illusioni. E infine in delusioni».

Il Pd pare non avere i numeri per sperare nell’autosufficienza e nemmeno per esser perno di una coalizione così eterogenea…

«Non imparano mai, continuano a sbagliare. La situazione andrebbe azzerata. Intanto dovrebbero ammettere che il risultato nazionale è negativo».

È vero che assieme a Veltroni potreste rilanciare un nuovo Pd, che nascerebbe già allargato verso sinistra?

«Mah… non è questa l’urgenza…(e allarga le braccia e ripete la muta smorfia che aveva seguito la richiesta di un commento alle dimissioni del suo grande avversario, il ministro Raffaele Fitto, ndr)».

Da dove si comincia?

«Faccio una proposta: mettiamo tutto in discussione, senza tabù, senza steccati. Ognuno porta quello che ha, io porto la mia dote».

Presidente, a livello nazionale la sua dote è del 3%…

«È un micro patrimonio ma anche la dimostrazione che non ci sono specchietti per le allodole. Qui, in Puglia, Sinistra e Libertà è al 10% perché con le Fabbriche siamo riusciti a coinvolgere il territorio, i giovani, la società in un percorso reale, sui temi concreti. Ogni cosa può crescere, se curata».

E poi, discutere di cosa?

«Cosa è oggi il centrosinistra? Non possiamo connotarlo con le parole di Montale: codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Serve un passo avanti, annunciare il cambiamento non basta: va praticato».

C’è un’occasione all’orizzonte: la crisi di Berlusconi.

«Ma senza progetto assisteremo alla sua consunzione senza giovarne. Il centrosinistra si attendeva una riscossa solo perché percepiva il disfacimento del Pdl: non è accaduto, anzi, i guai di Berlusconi sono stati ammortizzati dalla Lega».

Come si ritrovano gli elettori?

«Con nuovi percorsi: i vecchi partiti non riescono più a seguire la società. Parlano fra loro, cercano i moderati, tessono alleanze. Ma non sentono i cittadini. Manca il vocabolario dell’alternativa. Costruiamo questo racconto, cominciamo da due belle parole: lavoro e libertà».

Intervista a l’Unità di Marco Bucciantini

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