domenica 30 gennaio 2011

PRIMARIE CAGLIARI, VINCE IL CANDIDATO DI SINISTRA E LIBERTA' (ZEDDA)! BATTUTO QUELLO DEL PD.....

PRIMARIE CAGLIARI, VINCE IL CANDIDATO DI "SINISTRA E LIBERTA'" (ZEDDA) ! BATTUTO QUELLO DEL PD.....

Disfatta del candidato Pd alle elezioni per la poltrona di sindaco di Cagliari, in Sardegna. Antonello Cabras, 61 anni, senatore, è stato sconfitto dallo sfidante di Sel, il giovane consigliere comunale e regionale Massimo Zedda con uno scarto di circa 500 voti. Quando ancora mancava un seggio, infatti, Cabras era fermo a 1750 voti contro i 2360 del candidato di Nichi Vendola.

Dunque da ieri sera è Zedda l’uomo che rappresenta tutta la coalizione di centrosinistra (l’Idv non ha partecipato alle primarie). Felice, il vincitore, su cui in pochi avrebbero scommesso, considerato il peso politico del senatore democratico. Sconcerto nella sede cittadina del partito democratico quando di fronte a quel dato, seppur parziale è diventato chiaro che Cagliari aveva doppiato Milano. Una sconfitta che brucia, inattesa eppure diventata sempre più palpabile quando è stato chiaro che l’affluenza alle urne sarebbe stata bassa: ieri mattina alle 11.30 erano andati a votare poco più di 1500 cagliaritani. Un trend che è andato avanti fino a sera.

Il calo dell’affluenza Ed è questa l’altra notizia che arriva dall’isola è il calo dell’affluenza, molto più pesante delle previsioni: il 20% in meno rispetto al 2006. 5700 votanti, su 160mila abitanti: cinque anni fa erano stati 7400; 10500 nelle consultazioni interne del 2007 quando a contendersi la segreteria erano stati proprio Cabras e Renato Soru, mentre per le primarie del 2009 quando la sfida si consumò tra Silvio Lai e Francesca Barracciu andarono a votare in 9500.

Davvero pochi i 5600 di ieri se si confrontano con gli elettori che nella stessa giornata in una città come Carbonia, che conta 40mila votanti, sono andati alle urne in 8mila, o con quelli di Capoterra dove alle otto di sera (i seggi chiudevano alle nove) avevano votato in 3mila, su 23 mila abitanti. Cosa è successo? «Il dato è tipicamente cagliaritano, in controtendenza rispetto a quello nazionale, dovuto soprattutto a questa bassa affluenza. Molto probabilmente - commenta il segretario Pd del capoluogo sardo, Iuri Marcialis - i nostri elettori sapendo che il Pd aveva un solo candidato non si sono preoccupati, hanno pensato che non fosse necessario recarsi in massa alle urne».

Eccola l’anomalia: il partito democratico è riuscito a Cagliari ad esprimere una candidatura unitaria, Antonello Cabras, tra l’altro dato per superfavorito dai sondaggi, si è seduto sugli allori. Marcialis dice che un calo dell’affluenza lo avevano messo nel conto, ma non in questa misura. E così ieri sera è stata fibrillazione nella sede cittadina del partito perché dai conti che gli addetti ai lavori si erano fatti lo sfidante più “pericoloso” Zedda, aveva un pacchetto certo di oltre duemila voti. Previsione azzeccata, stando ai fatti. Gli altri candidati, Giuseppe Andreozzi, avvocato in campo con i Rossomori, Tiziana Frongia, medico, per i Verdi e l'indipendente Filippo Petrucci, giovane studioso e freelance, le speranze di vincere erano davvero poche, come hanno dimostrato i risultati, essendosi attestati su percentuali tra il 5 e il 6%.

Cabras in America E Cabras ha saputo come è andata ieri sera in tarda serata poco dopo essere sbarcato all'aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York. dove è dovuto andare da vicepresidente della Commissione Difesa e sicurezza della Nato, assieme a una delegazione di parlamentari e sarà impegnato in incontri e riunioni sino al 4 febbraio. Giorno in cui Zedda scoprirà nome del candidato del Pdl quando i vertici del partito saranno a Roma proprio per parlare di Cagliari. Per il momento in campo c'è solo Massimo Fantola, Riformatori.Giustifica


domenica 16 gennaio 2011

Voto Fiat : Una sconfitta di misura dal profumo di trionfo, che la sinistra attuale non ha fatto nulla per meritare.

Una sconfitta di misura dal profumo di trionfo, che la sinistra attuale non ha fatto nulla per meritare.
di Franco Bartolomei

Roma, 14/01/2011 - La percentuale altissima di No espressi dai lavoratori di Mirafiori, pur in presenza di condizioni di forte condizionamento psicologico, rappresenta , ben al di la' del merito aziendale del giudizio negativo su un piano di riorganizzazione della produzione nell'impianto, un segnale di contrarieta' fortissimo al progetto di riorganizzare, come prima risposta forte da destra alla crisi, i sistemi di governo delle dinamiche sociali .

Rappresenta un NO forte e chiaro al tentativo di governare le conseguenze sociali della crisi , e organizzare una possibile riattivazione dei processi di crescita, riducendo le rappresentanze sociali ad eclusivo momento interno ad una gestione meramente attuativa degli equilibri esistenti, economici , finanziari, e sociali, predeterminati da processi decisionali riservati in gran parte a tecnostrutture esterne alle sedi istituzionali deputate alla espressione della sovranita’ popolare.

Sotto questo profilo l'esito del voto, che purtroppo la sinistra ufficiale con pochissime eccezioni non ha minimamente cercato di favorire preferendo stare alla larga da una disfatta data per sicura, rappresenta per la Sinistra Italiana una occasione eccezionale per avviare finalmente una riflessione critica sulla propria incapacita' di proposta e sulla bassissima qualita' dei propri livelli di rappresentativita' sociale.

Una riflessione che costituisce la premessa inevitabile della rifondazione di una grande nuova forza unitaria della Sinistra, Socialista e Democratica, che possa definire , proporre, e condurre a compimento un progetto di governo autenticamente alternativo alle ragioni sociali di un sistema di rapporti economici e finanziari la cui crisi verticale compromette lo sviluppo futuro della nostra societa', e minaccia la stessa tenuta sostanziale della nostra Democrazia.

Nella analisi particolare emerge come il risultato del voto riflette in modo fedele, nella media dei voti espressi nei diversi reparti, il concreto inserimento dei singoli lavoratori all'interno dei processi produttivi della fabbrica.

Coloro che vivono in modo piu' stringente la compressione degli spazi nella riduzione forzata dei tempi di interruzione ha votato in maggioranza NO, e chi ha visto nella sostanza non alterata la natura e la qualita' delle modalita' della propria prestazione lavorativa ( come gli impiegati, o i turnisti di notte) ha votato in stragrande maggioranza SI.

La differenza ponderale del voto nelle due diverse reazioni, per cui la risposta negativa all'accordo avviene con un differenziale molto minore rispetto ai reparti, di numero minore, dove la risposta è favorevole, dipende direttamente dalla paura della chiusura della fabbrica, spudoratamente instillata dall'amministratore delegato Fiat.

Il resto sono chiacchiere.

Resta il risultato finale, assolutamente impensato prima del voto,di quasi la meta' dei dipendenti che mettono a rischio il proprio futuro per dire di no ad un accordo che comprime i loro diritti, e rende molto piu' faticose le proprie condizioni di lavoro.

Questo risultato rappresenta una sconfitta gigantesca di chi ha pensato di poter modificare le relazioni industriali con atti d'imperio, e si ritrova in mano una risicata maggioranza ottenuta sulla paura di perdere il lavoro.

L'esito finale della consultazione tra i lavoratori assume quindi un significato politico assolutamente incomparabile con quello assunto dal referendum sulla scala mobile del '84, che aveva come obiettivo quello di favorire , attraverso un decreto articolato e compensativo del governo, e non del padronato, una tutela del salario reale, come infatti accadde, attraverso un raffreddamento dell'inflazione, e non produsse alcuna alterazione in termini autoritari dei rapporti tra le parti sociali.

Per tali ragioni appare assolutamentei improprio ed ingannevole qualsiasi tentativo del governo, del padronato Fiat , o di commentatori per nulla indipendenti, di richiamare quel precedente per sostenere la fattibilita' di un disegno di revisione delle relazioni industriali fondato sulla compressione della autonomia negoziale piena ed incondizionata dei lavoratori, da imporre attraverso lo smantellamento di un sistema di rappresentanze fondato sulle libere adesioni reali dei lavoratori ai sindacati e la sua sostituzione con l' opposto criterio della preventiva adesioni di questi alle proposte aziendali come fonte di legittimazione.

Questo voto a Mirafiori, al contrario, chiude ' un ciclo storico di ritirate sociali, e di oscuramento culturale delle classi subalterne, iniziato con la marcia dei 40.000 alla fiat nell'autunno '80, che non a caso si conclude con la maturazione nella coscienza comune della consapevolezza della fine di un intero modello di sviluppo fondato sulla idea della assoluta omologazione dei comportamenti collettivi alle logiche economiche e della presunta superiorita' " etica" delle scelte d'impresa.

E' la manifestazione di un mutamento di orientamenti e di sentimenti in atto nel profondo nella coscienza della societa' che segna un mutamento epocale .

Da oggi ognuno e' piu' libero!

Cerchiamo di fare meglio il nostro dovere e di essere un po' tutti all'altezza delle nuove possibilita' che si aprono dinanzi a noi , e sopratutto cerchiamo di meritare l'aiuto che, non tanto a sorpresa , abbiamo ricevuto dagli operai di Mirafiori.

FRANCO BARTOLOMEI


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