
1) SEL non rappresenta certo il soggetto politico definitivo della nuova sinistra italiana. Essa, nella visione dei suoi più avveduti esponenti, è una sorta di “work in progress” per stimolare un processo più largo di riaggregazione e ricostruzione della sinistra tramite anche un meccanismo di scomposizione e ricomposizione. Questo naturalmente non significa che SeL non debba strutturarsi in partito (con i suoi gruppi dirigenti, il suo statuto, le sue regole). Ma che debba collocarsi in una prospettiva di respiro largo. Un ennesimo partitino della sinistra o un mezzo-arcobaleno non servirebbe a nessuno.
2) La nascita del PD ha privato l’Italia di un partito della sinistra di governo (pur con tutti i suoi limiti) collocato nel PSE. Il PD si colloca su una idea di fuoriuscita da destra dalla Socialdemocrazia. L’assenza di un collante ideologico e valoriale (come ha ben rilevato Giorgio Ruffolo) e la crisi evidente del bipolarismo forzato e meccanico (conseguente anche alla forte crisi interna alla destra) sta mandando il PD in frantumi.
3) Quindi si apre una prospettiva per riempire il vuoto determinato dalla nascita del PD. Il problema che abbiamo di fronte è questo: che tipo di sinistra costruire. Vogliamo riproporre una sinistra di mera testimonianza, minoritaria e chiusa in se stessa? C’è già Ferrero che occupa questo spazio minimo. O vogliamo piuttosto costruire una sinistra Popolare, Socialista, Libertaria ed Ecologista, in grado di colmare la grave lacuna della politica italiana?
4) Se la seconda scelta è quella giusta essa (questa nuova sinistra) non può non collocarsi nel PSE, in un PSE che si sta Rifondando a Sinistra. Occorre superare vecchi pregiudizi che vengono dalla tradizione comunista più stantia. Se è vero che settori del Socialismo Europeo negli anni 90 hanno subito una deriva liberale e moderata (che abbiamo sempre criticato) è anche vero che oggi questo sta abbondantemente alle nostre spalle. Del resto l’Ulivo italiano (con l’appoggio di Rifondazione) non ha fatto forse una politica economica per alcuni versi più a destra di Blair e di Schroeder? Privatizzazioni selvagge, precarizzazione del lavoro (e nessuno fa autocritica)
5) La ristrutturazione a sinistra del PSE è evidenziata dal suo congresso di Praga e dalla presa di posizione comune del PSF e della SPD sulla politica economica europea. E si tratta dei Partiti Socialisti dei due paesi più importanti della UE.
6) Del resto la crisi sistemica del capitalismo liberista, ha modificato radicalmente i paradigmi culturali. La Socialdemocrazia si sta riappropriando del Socialismo (il PD prosegue invece la sua corsa al centro). Oggi per costruire un progetto organico di alternativa in positivo ai fallimenti del liberismo occorre una sinistra propositiva, di governo, in grado di pensare ad un progetto di società che riformi e modifichi profondamente l’attuale modello di economia e di società plasmato dal mercatismo liberista. Non serve una sinistra urlante ma vuota, capace solo di esprimere un radicalismo dimostrativo. E non serve una sinistra senza aggettivi. La sinistra ha senso solo se essa è in grado di esprimere un progetto emancipatorio della società e dell’uomo che ponga il valore sociale del lavoro, la giustizia sociale e la democrazia economica – strettamente connessi con i temi della libertà e della dignità della persona e del rispetto dell’ambiente – al centro della propria agenda. Tale progetto emancipatorio si chiamava e si chiama "Socialismo Democratico".
7) La oziosa e stucchevole polemica sul 900 non ci appassiona. Il 900 non è l’epoca delle Guerre Puniche né un feticcio. E’ un secolo tormentato e contraddittorio che è stato segnato da due tremende guerre mondiali, da feroci totalitarismi. Ma è anche il secolo di grandi scoperte scientifiche , di un accumularsi di saperi e tecnologie in una lasso di tempo brevissimo. E’ il secolo che ha portato nel nostro continente la democrazia, che ha risvegliato la coscienza politica nei paesi coloniali. Che ha prodotto in Europa, grazie al Movimento Operaio e Socialista, il modello sociale più avanzato e finora mai eguagliato. Non si può mettere sullo stesso piano il fallimento del Comunismo e l’esaurirsi del virtuoso Compromesso Socialdemocratico. Il primo è crollato, sotto il peso delle sue insanabili contraddizioni interne (non per sconfitta esterna). Ed è crollato un sistema che aveva ampiamente contraddetto i valori del Socialismo e della Democrazia. La Socialdemocrazia (che pure non è esente da limiti e errori) ha visto esaurirsi il suo compromesso a causa del venir meno degli elementi strutturali che lo reggevano, Negli anni 80 il capitale ha utilizzato a proprio vantaggio per modificare i rapporti di forza con il lavoro, le innovazioni tecnologiche. Limite della sinistra è stato quello di non aver saputo opporre un Governo Alternativo e Socialista di quelle innovazioni.
8) Ma quel capitalismo è in oggi in grave crisi. Un progetto alternativo di economia e società deve organicamente aggredire i punti forti della controriforma liberista dell’economia. Il liberismo ha prodotto una redistribuzione verso l’alto dei redditi (soprattutto in Italia); ha cercato di mercatizzare i beni sociali ed i beni collettivi; ha messo in discussione il concetto di economia mista (che è proprio della Socialdemocrazia ma è anche presente nella nostra Costituzione) a favore di una privatizzazione integrale delle attività economiche ed il pressocchè totale smantellamento della presenza pubblica in economia (compreso ogni forma di politica industriale); ha messo in discussione il valore sociale del lavoro, calpestandone i diritti e cercando di ridurre il lavoro ad una merce usa e getta.
9) Questi sono gli elementi di un disegno organico di smantellamento del compromesso sociale. A tale disegno organico occorre contrapporre in positivo un progetto organico di riforma strutturale in senso Socialista Democratico. La redistribuzione del reddito verso i ceti più bassi è oggi una necessità economica oltre ad un evidente problema di giustizia. Non v’è ripresa economica stabile senza questo meccanismo redistributivo in grado di rilanciare la domanda. Ma tale rilancio della domanda deve connettersi organicamente ad un diverso modo di produrre e consumare e quindi ad una diversa qualità dello sviluppo (“la società diversamente ricca” di Riccardo Lombardi) che faccia i conti con le compatibilità ambientali e con una visione della crescita non affidata alla ipertrofia del consumismo privato, bensì allo sviluppo dei beni immateriali come la conoscenza e la cultura ed al riequilibrio tra beni privati e pubblici (come spesso ci ricorda Giorgio Ruffolo). Ciò si collega direttamente al ripristino di una economia mista in cui convivano il pubblico, il privato ed il sociale. Non vogliamo assolutamente abolire il mercato che è uno strumento fondamentale di garanzia di libertà e di autonomia della società civile rispetto allo stato. Vogliamo però una economia di mercato socialmente regolata dalla programmazione e dalla democrazia economica. Le privatizzazioni fatte in Italia non avevano alcun scopo produttivo ma solo a favorire i meccanismi speculativi di un modello di finanziarizzazione che è stato un tratto strutturale del capitalismo liberista. Con le privatizzazioni si è favorita la deindustrializzazione e l’impoverimento del paese nonché la fuoriuscita dell’Italia da settori tecnologicamente importanti. Ed ha determinato l’assenza di politica industriale che altri paesi (Germania e Francia) hanno fatto consentendo loro di affrontare meglio la crisi.
10) Il modello di capitalismo autoritario e corporativo del duo Tremonti-Marchionne è un tentativo di uscire da destra dalla crisi del liberismo. Esso si fonda sulla totale eliminazione della soggettività del lavoro e sulla sua assoluta subordinazione al capitale. Esso si contrasta con politiche pubbliche che si oppongano alle delocalizzazioni in nome del dumping sociale. Imprese che hanno avuto enormi risorse pubbliche non possono permettersi di ricattare lavoratori e cittadini contribuenti. Quindi una ripresa di forme (anche innovative) di controllo pubblico su settori strategici sono parte integrante sia di una politica industriale e di difesa dei diritti dei lavoratori. Accanto a ciò occorre introdurre forme di co-determinazione attiva di lavoratori e sindacati nelle grandi imprese, anche apportando modifiche al diritto di proprietà. Tutto ciò è all’interno della nostra Carta Costituzionale nonché delle esperienze dei modelli sociali più avanzati in Europa.
11) Una gestione pubblica (caratterizzata dalla partecipazione attiva di lavoratori e utenti) si impone per i beni collettivi: acqua, reti energetiche e trasporti. Questi beni non sono merci ma veri e propri diritti di cittadinanza che vanno sottratti al mercato.
12) Così come vanno sottratti al mercato i beni sociali (salute, istruzione, previdenza). Occorre, contro la teoria e prassi liberista, rilanciare e riqualificare il welfare adattandolo ai bisogni di una società in evoluzione. Salute, istruzione e previdenza devono rigorosamente stare al di fuori della logica del profitto privato. Si tratta anche qui di mantenere e rafforzare la gestione pubblica integrata dalla presenza del settore sociale no-profit. Comunque il sistema pubblico di welfare va rafforzato ed esteso. Va presa in considerazione (in una fase di alta disoccupazione) l’idea di un reddito di cittadinanza. Tale ampliamento del welfare dovrà essere finanziato dalla leva fiscale, mediante una imposta sui grandi patrimoni (è una proposta che è nel programma della SPD) e dalla tassazione delle rendite finanziarie (nonché da un incremento della lotta all’evasione fiscale). Il capitalismo liberista ha provocato un enorme spostamento del reddito dal lavoro ai profitti ed alle rendite. Queste ultime sono state particolarmente beneficiate dalla finanziarizzazione. Oggi gli stati in modo scellerato spendono risorse enormi per sostenere banche ed istituti finanziari che sono stati i responsabili del crack. Una operazione redistributiva sui patrimoni e le rendite è invece il tratto distintivo di una scelta alternativa.
13) Il tema ambientale è elemento centrale di un progetto di socialismo del XXI Secolo. Giustizia sociale, emancipazione del lavoro e sviluppo compatibile con gli equilibri ecologici sono strettamente connessi. Investimenti e ricerca in tecnologie e materiali ecologicamente compatibili, e lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile sono tratti distintivi di un nuovo modello di sviluppo che valorizzi il lavoro e la conoscenza. Del resto, in Italia, sono stati due Socialisti come Lombardi e Ruffolo ad aver sottolineato (Lombardi fin dalla fine degli anni 70) la centralità dello sviluppo sostenibile. Non possiamo invece, come Socialisti, concordare con quel fondamentalismo ecologista antimoderno che si sostanzia nella teoria della “decrescita economica”. Noi siamo per una idea umanistica e rispettosa dell’ambiente dello sviluppo tecnologico, non certo per un ritorno di fatto a forme pre-industriali e pre-moderne di stili di vita.
14) Una nota sull’attualità politica. C’è una evidente crisi del bipolarismo forzato. Il PD è parte di questa crisi. Se essa sposterà il PD ancora più al centro, SeL può veramente diventare (con l’apporto dei laboratori politici......Le Fabbriche di Nichi, Il Gruppo di Volpedo, La Lega dei Socialisti, Le ragioni del Socialismo e altre.....) il fulcro di una ricostruzione della sinistra. Se la crisi farà scoppiare le contraddizioni del PD con la fuoriuscita della sua anima moderata e postdemocristiana si apre una fase nuova. Si tratta di governare tale crisi del progetto PD per approdare , anche in forma federata, a quella sinistra popolare, Socialista e Democratica di cui si parlava.
Cari Compagni, sconsigliamo vivamente di recitare tutta questa pappardella ai congressi di SeL. Abbiamo cercato di elencare i punti su cui si può focalizzare il dibattito. Ognuno sceglie di svilupparne alcuni. Crediamo che la cosa più importante da sottolineare è l’approdo al PSE (da non imporre certo con ultimatum – che fra l’altro non saremmo affatto in grado di imporre). Su questo crediamo si può raccogliere un consenso vasto.